DIPINGERE UN MOBILE

Trasformare i propri mobili con i colori

Ci sono moltissime tecniche per decorare, trasformare i propri mobili e rinnovare così l’aspetto della propria casa o negozio.

Mobili che abbiamo a casa e di cui siamo stufi perchè ci sembrano fuori moda o perchè un determinato colore non ci piace più, oppure il legno ci sembra scuro e abbiamo voglia di dare una nota di colore all’ ambiente.  Arredi che teniamo in garage o in cantina, che qualche parente o amico butta via.  Mobili che possiamo acquistare in mercatini e fiere, in Italia e all’estero. Senza contare quello che a volte si può trovare abbandonato vicino ad un bidone dell’immondizia….

Tante tecniche dicevo,  che ci arrivano da saperi antichi di chi laccava e decorava i mobili nei secoli passati. Ricette a base di pigmenti in polvere e leganti naturali dalle colle animali, al latte, uovo ecc…. Tecniche per antichizzare le finiture degli arredi, per dare loro quel sapore e quella ricchezza del vissuto che secondo me non ha prezzo per il carattere che sa infondere ad un ambiente.

E tante tecniche dei artistiche di pittori e decoratori.

Comodino dipinto con tempera alla caseina e protetto con finitura antichizzata con pigmenti e patine
Cassettiera dipinta con tempere e sul piano tecnica di decorazione con stampi sovrapposti a creare motivo floreale

Una biografia del colore con Philip Ball

Philip Ball:

Colore. Una biografia. Tra arte storia e chimica, la bellezza e i misteri del mondo del colore

Copertina del libro "Colore. Una biografia" di Philip Ball. Rizzoli Bur
Il saggio sul colore edito da Rizzoli- BUR

Per parlare del linguaggio del colore è necessario capire com’è fatto un colore. Philip Ball ci dimostra che la vista non è abbastanza attraverso aneddoti , interpretazioni inedite e affascinanti. In questo libro ripercorre le tappe fondamentali della storia del colore, dai pigmenti minerali ai coloranti organici, fino all’artificio dei prodotti della chimica. Ci spiega come interpretare il linguaggio cromatico e i suoi significati. Philip Ball ci racconta i colori attraverso le sostanze che li compongono: scopriremo così che un particolare pigmento “parla” di sangue e clorofilla, mentre un altro rievoca lo zolfo e il mercurio degli alchimisti. Impariamo le ragioni fisico-chimiche per cui il tempo “ridipinge” le tele e apprendiamo il ruolo di vernici e tinte industriali nel mutare la produzione artistica. Con i mezzi della chimica applicati all’estetica dell’arte, riemerge il legame tra conoscenze tecniche e ingegno. Un legame che nel corso dei secoli ha permesso a pittori e artisti di esprimere in immagini i propri sogni e le proprie visioni.

Dalla seconda di copertina del libro

Questo testo affronta la storia del colore dal punto di vista storico, artistico e scientifico. Per questo ci fornisce informazioni interessanti che sono molto utili per chi lavora nel mondo del restauro e che con i pigmenti e le vernici si confronta quotidianamente.

Grotte di Lascaux pitture rupestri

L’autore ci racconta come l’uomo ha iniziato a trasformare le risorse presenti in natura (minerali e terre) per creare pigmenti con cui dare colore a oggetti e opere d’arte. Pensiamo alle grotte preistoriche di Lascaux.

Il viaggio inizia nella preistoria quando l’uomo, mischiando terre con olio o grasso, ha realizzato la prima tempera della storia umana.

Colore Blu dai lapislazzuli negli affreschi di Giotto

Il cielo degli affreschi di Giotto nella Cappella degli Scrovegni è dipinto con un blu realizzato dalla macinatura dei lapislazzuli. Pietre preziose che permettevano di creare un blu duraturo e ovviamente estremamente costoso.

SEMPLIFICARE: la sedia n° 14 di Thonet

Testo tratto da “Da cosa nasce cosa” di Bruno MUNARI – Laterza editori

Semplificare è un lavoro difficile ed esige molta creatività. Ecco un famoso esempio di semplificazione:

la sedia n° 14 del signor Michael Thonet. Uno che inventa una nuova tecnica per risolvere i suoi problemi con più semplicità senza dimenticare l’estetica che può nascere da quella tecnica.

Le sedie di quei tempi erano fatte di tanti pezzi di legno messi insieme ad incastro o con colle. Ogni pezzo doveva essere lavorato, finito, incastrato, incollato per formare la sedia. C’erano i 4 montanti delle gambe, lo schienale, il sedile, i listelli di rinforzo per tenere assieme e gambe e tutto il resto.

Tanto per fare un esempio consideriamo la tipica sedia di Chiavari o la Windsor. La sedia di Chiavari è fatta con 16 pezzi, è leggera e comoda.

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La sedia Windsor è fatta con 23 pezzi ed è piuttosto pesante.

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Michael Thonet pensò che forse si sarebbe potuto inventare una sedia più semplice, fatta senza spreco, leggera ed elegante. Forse esaminando dei mobili di malacca curvata (la malacca è il nome commerciale del legno della canna d’india, utilizzato specialmente per bastoni da passeggio e manici d’ombrelli) gli venne in mente di provare a curvare dei bastoni a sezione rotonda, di faggio, inzuppati di vapore (pensando ai rami che quando sono freschi si spaccano) per poi inserirli in uno stampo e seccarli facendo evaporare l’umidità assorbita. In questo modo i bastoni avrebbero conservato le forme volute. E quali erano queste forme volute? Thonet pensò che curvando il legno si potevano riunire più funzioni: – i piedi posteriori e lo schienale potevano essere un pezzo solo, che non aveva più bisogno di incastri o di colle. – il sedile, invece di farlo quadrato, lo fece rotondo in un pezzo solo invece che in quattro pezzi da incastrare. In questo modo la sua prima sedia fu realizzata in soli 6 pezzi e tenuta assieme con solo 10 viti.

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Era l’anno 1859 quando la sedia nuova, modello 14, si realizzò. Ancora oggi questa sedia viene costruita nello stesso modo e fino a poco tempo fa ne sono state prodotte oltre 70 milioni di esemplari. La sedia così progettata e costruita risultò più economica, più pratica, leggera ed elegante per la coerenza formale del materiale, della tecnologia usata, senza nessuna forzatura decorativa oltre alle forme nate dalla tecnica.