Il mobile moderno 1925-45

Come nasce il mobile moderno

Il mobile moderno nacque dopo la prima Guerra Mondiale in Europa. Questo periodo fu caratterizzato da una nuova età industriale. Anni in cui l’industria andava di pari passo con le nuove tecnologie come l’auto, l’elettricità e il telefono che erano entrate a fare parte della vita civile. Il Movimento Moderno impose nell’arredamento, (ma anche nell’architettura) uno stile essenziale.

Questo ci ricorda un illustre precursore: Adolf Loos che nel 1908 aveva pubblicato “Ornamento e delitto”. Loos si inseriva in quell’esperienza di artigianato e design denominata Wiener Werkstatte, caratterizzata da una linea semplice e senza fronzoli.

La fabbrica di mobili: il design industriale

Il nuovo stile mette l’accento sulla STRUTTURA del mobile che deve essere visibile. Cambia la forma del mobile che diventa sobria e minimale. Perché questo cambiamento? Per sviluppare un linguaggio adatto a mobili realizzati con metodi industriali. Infatti fino a quel momento, la scelta delle industrie era stata di imitare gli stili del passato. I fabbricanti  puntavano a conferire ai mobili prodotti in serie, l’aspetto di quelli prodotti a mano dagli artigiani del passato.

I designer del Movimento Moderno scelgono la strada opposta:uno stile che evidenziava i nuovi processi produttivi conferendo dignità alla produzione seriale. La produzione in serie aveva il vantaggio di fabbricare mobili a basso costo: una richiesta fondamentale per le popolazioni che vivevano il periodo post bellico.

La scuola Bauhaus in Germania

Questa scuola di arte, architettura e design nasce a Weimar nel 1919 sotto la guida di Walter Gropius. Vi insegnarono artisti di grande fama come Vasiliij Kandinskij, Paul Klee,  Laszlo Moholy-Nagy e Theo Van Doesburg . Quest’ultimo sosteneva che i designer dovevano convertirsi alle macchine poiché il lavoro artigianale era ormai superato. Quando la scuola venne spostata a Dessau nel 1924, Gropius presentò un nuovo programma: “Arte e tecnologia. Una nuova unità”.

Il nuovo edificio a Dessau, esempio di architettura industriale. Fu progettato con da Gropius e Adolf Meyer con materiali industriali come vetro e acciaio. Il nome della scuola fu scritto con il carattere Universal inventato da uno degli insegnanti.

Dalle botteghe ai laboratori: il designer

Da quel momento gli studenti lasciarono le botteghe per trasferirsi nei laboratori, dove progettavano i prototipi destinati all’industria.  Nacque così la figura del designer. Al Bauhaus esistevano molti laboratori ciascuno improntato alla sperimentazione di uno specifico materiale. Ad esempio quello dedicato ai metalli  oltre all’acciaio tubolare, esaminava le varie proprietà del rame, ottone, oro  e argento per usarle al servizio della nuova estetica. Fu al Bauhaus che Marcel Breuer sperimentò l’uso dell’acciaio tubolare rivoluzionando la forma degli arredi.

Al Bauhaus ebbero posto anche le donne , tuttavia il loro ruolo fu ambivalente. Da un lato alle più dotate veniva riconosciuto il credito che meritavano, dall’altro però la maggior parte delle donne era relegata nel laboratorio di…tessitura! Va detto che questo laboratorio, sotto la guida  di Gunta Stolzl fu tra i più validi della scuola. L’ultimo direttore fu Mies van der Rohe che assistette al declino e alla chiusura della scuola con l’ascesa del partito nazista. Lo sviluppo industriale e tecnologico aveva introdotto nuovi materiali: il metallo innanzitutto, ma anche il compensato curvato a vapore e le lastre di vetro.

La fortuna dell’acciaio tubolare

L’acciaio tubolare anche cromato, freddo e rude furoreggiava  in contrasto netto con il legno caldo e emozionale. L’acciaio tubolare iniziò a diffondersi grazie all’industria automobilistica e delle biciclette.

Marcel Breuer, direttore del laboratorio di mobili al Bauhaus, fu il primo a sperimentare con questo materiale nel 1925. Mandò in produzione la sedia Wassily ideata per l’appartamento di Kandinskij. Da notare che fu la società tedesca Thonet, con le sue sedute in legno tondo curvato ad ispirare i designer razionalisti. Questa collaborazione tra un designer (Breurer) e un’industria (la Soc. Thonet) è tipico del nuovo modo in cui si organizza la progettazione e realizzazione di mobili e oggetti.

L’acciaio tubolare piaceva perché era funzionale e pratico:  leggero, pulibile e dotato di un’ abbagliante lucentezza metallica. Insomma riassumeva in sé gli ideali del nuovo stile razionale. Bisogna sottolineare che nei primi decenni questo materiale era più costoso del legno. I prezzi scesero solo alla fine degli anni Trenta quando il prezzo dell’acciaio registrò un drastico calo.

All’inizio degli anni Trenta due ditte inglesi, la PEL e la Cox and Co., iniziarono a produrre arredi in acciaio tubolare basandosi sui disegni del catalogo della Thonet. Fu così che nel 1932 la BBC decise di cambiare l’arredamento dei suoi studi e scelse proprio questo tipo di mobili. Da questo momento in poi, gradualmente il nuovo stile si diffuse anche tra la gente.

Le diverse nazioni svilupparono linguaggi peculiari, vediamone alcuni.

“Less is more”: Mies van der Rohe 

La Germania fu il paese che svolse il ruolo più significativo all’interno del Movimento Moderno. Per due ragioni: un grande desiderio di guardare avanti dopo la Grande Guerra e un’eredità da parte di movimenti di architetti pionieri che avevano gettato i semi per quello che avvenne dopo con il Bauhaus.

Mobile moderno: la sedia Barcelona di Mies van der Rohe

E’ di Van der Rohe la frase celebre :“Less is more”. E’ famoso per la sedia a sbalzo e la sedia Barcelona progettata e realizzata per il re di Spagna.

Mobile moderno: la sediaa sbalzo con acciaio tubolare

La sedia a sbalzo sfrutta il principio secondo cui una struttura può reggersi anche scaricando il peso su un unico montante. Questo era molto affascinante per i designer perché permetteva di ridurre la struttura della sedia e svincolarsi dalla vecchia idea per cui un seduta doveva avere per forza 4 gambe.

Van der Rohe si distingueva per il suo uso di materiali costosi e ricercati che non sposavano il programma egualitario del Bauhaus di produrre arredi a basso costo.

Le Corbusier: il razionalismo estetico della Francia

I designer francesi rimasero più legati a uno stile decorativo e opulento rispetto ai loro colleghi tedeschi. Pur adottando i materiali nuovi, li modellarono in forme più aggraziate e meno rigorose. Il via venne da Le Corbusier che era prima di tutto un architetto, ma disegnò anche mobili.  Nel 1925 in occasione di un a grande esposizione internazionale in Francia, il celebre architetto stupì tutti con il suo stand. Il suo padiglione era un esercizio di geometria razionale: spoglio, e minimale. Poco alla volta gli altri designer francesi lo seguirono. Insieme a Charlotte Perriand e Pierre Jeanneret disegnò una serie di mobili di foggia industriale ma molto confortevoli. A produrli fu proprio la già citata società Thonet.

Da menzionare una donna, la designer Eileen Gray che lavorò a Parigi. Apprese grazie ad un artigiano giapponese , la tecnica della laccatura ed ebbe legami con il gruppo artistico De Stijl. La Gray considerava i mobili come parti di una più vasta macchina che era la casa  (E1027 la sua casa famosa nel sud della Francia). La forma degli arredi doveva essere subordinata alla funzione. Fu lei ad avere l’idea dei tavoli allungabili  e regolabili che oggi sono la norma. Il suo stile fu lineare ma caratterizzato da una ricercatezza  per i dettagli e i materiali tipicamente francese.

L’approccio umanistico degli scandinavi al mobile moderno

Sedia disegnata da Kaare Klint esempio di mobile moderno scandinavo

Sedia Safari disegnata da Kaare Klint. La struttura in acero è tenuta insieme dalla seduta, cinghie e braccioli in pelle e dalle traverse laterali che si inseriscono in appositi scassi nelle gambe.E’ smontabile. Ispirata a modelli tradizionali per l’esercito britannico.

Nelle nazioni del nord sia la politica che l’economia erano molto più stabili rispetto al resto d’Europa. Inoltre  lo sviluppo dell’ industria fu più lento e l’amore e il rispetto per le tradizioni artigianali  resisté. Questo spiega come mai i designer nordici rimasero legati a forme di artigianato e di lavoro manuale nella fabbricazione dei mobili. Dal momento che erano paesi  con climi rigidi, il LEGNO venne preferito all’acciaio che appariva troppo freddo! La forma dei mobili preferiva linee più morbide e avvolgenti rispetto a quelle tedesche e la fonte di ispirazione fu la natura e le sue forme.

Mobile moderno: Poltrona di design di Aalto

Poltrona Paimio n. 41 realizzata da un unico pezzo di compensato curvo. I designer finlandesi Alvar Aalto e sua moglie Aino acquisirono una grande padronanza nei processi di modellazione del compensato basati sulla curvatura del legno a vapore. Usarono legno laminato e compensato di betulla.

Il designer e architetto finlandese usava legno di betulla che abbondava nel suo paese. Con la moglie fondarono la società Artek ancora attiva oggi, per fabbricare i propri progetti in autonomia.

Bruno Mathsson impiegava materiali naturali e linee ondulate tuttavia il suo stile è innegabilmente moderno e senza fronzoli. L’approccio dei designer scandinavi venne definito “umanistico” perché si preoccupava della relazione tra l’uomo e gli oggetti che usa. Gli studi sull’ergonomia di Kaare Klint ne sono un esempio. Dopo la Seconda Guerra Mondiale questo approccio detto anche Design Organico, ebbe molta fortuna e determinò l’abbandono dell’acciaio tubolare.

Il mobile moderno in Italia

In Italia, a sposare gli ideali del funzionalismo e minimalismo fu il Gruppo 7. Inizialmente appoggiato da Mussolini che li incaricò di arredare la Casa del Fascio a Como nel ‘34. In seguito il dittatore li mise da parte perché propugnavano valori estetici troppo internazionali e poco nazionalistici! A loro fu preferito il gruppo Novecento che sosteneva lo stile Neoclassico.

A differenza di Hitler che obbligò gli esponenti del Bauhaus ad emigrare, Mussolini non fu così intransigente. In questi anni nacquero, un po’in sordina, le case di produzione che diventeranno famose nel Dopoguerra: Cassina, e Fontana Arte ad esempio.

Mobile moderno : la sedia a farfalla

La SEDIA A FARFALLA disegnata da Antonio Bonet, Juan Kurchan, Jorge Ferrari-Hardoy è una rivisitazione dela sedia Fenby. Questa era stata brevettata nel 1800 per l’esercito inglese. Era già stata imitata dalla Tripolina francese e dal modello americano n.4, venduta come sedia da campeggio. I tre designer usarono l’acciaio tubolare al posto del legno e la canapa al posto della pelle per renderla più leggera. Il successo fu enorme nel 1945 ne erano già stati venduti milioni di esemplari.

Legni esotici nei mobili antichi

Tronchi di palissandro tagliati e lasciati ad asciugare in una foresta del'sud America. Quetsa varietà rosa acceso è conosciuta come bois de rose, rosewood o legno di rosa in Italia.
Alberi di bois de rose

I legni esotici erano usati nella costruzione dei mobili dal Cinquecento. All’epoca in Europa assistiamo ad un periodo economico fiorente che arricchisce notevolmente le classi mercantili e nobili. Queste classi divennero committenti esigenti e affamati di beni di lusso come i mobili. In quest’epoca avvenne la trasformazione da falegname a ebanista. Il termine ebanista, sta ad indicare, la categoria dei più abili ed esperti tra gli artigiani del mobile. Letteralmente il termine deriva dalla denominazione francese: menuisier en ébene. Il falegname specializzato nella preziosa lavorazione di legni esotici, tra cui appunto l’ebano. I legni esotici infatti, presentavano caratteristiche diverse da quelle dei legni nostrani ed esigevano un’abilità maggiore nella lavorazione.

Navi cariche di legni esotici dalle colonie

Dal momento che le foreste europeee andavano esaurendosi a causa del disboscamento per la costruzione delle flotte, il commercio del legname proveniente dalle colonie ebbe una spinta. I Portoghesi svilupparono il commercio con l’oceano Indiano, la Malacca e le Molucche. Gli Spagnoli colonizzarono il centro e l’America meridionale. Gli Inglesi nella ricerca di passaggi a nord est ed a nordovest colonizzarono l’America settentrionale. Questi legni vennero usati per le loro qualità estetiche e per la loro durezza e resistenza alle varie lavorazioni. In verniciatura le loro caratteristiche si accentuavano con effetti spettacolari. I colori permettevano di creare accostamenti di strepitosa bellezza e fornivano i toni giusti per la tavolozza dell’intarsiatore di mobili!

Mobile genovese del Settecento  con il tipico motivo a quadrifoglio realizzato usando 2 tipi di palissandri: il bois de rose e il bois de violette.

Tra il Seicento e l’Ottocento l’evoluzione stilistica degli arredi fu fortemente condizionata dall’importazione di nuovi legni esotici e di nuovi materiali. Il palissandro, fu usato per le famose placcature a quadrifoglio dei mobili genovesi.

La prima nave di cui si conserva una traccia porta la data del 1503 ed arrivò dall’America in Portogallo. La nave portava un carico di brasiletto detto anche legno verzino. All’inizio del Seicento sappiamo che a Lisbona ne arrivavano diecimila tonnellate all’anno!

Ricordiamo alcuni legni esotici usati nella costruzione dei mobili dell’epoca:

  • Il legno di campeggio, così chiamato dalla baia di Campêche in Messico, fu tra le cause di una guerra tra Inglesi e Spagnoli;
  • il fustetto o legno giallo dalla Giamaica usato per il placcaggio e l’intarsio
  • Il guaico bianco noto come legno santo. Un legno così duro al punto da essere usato per fabbricare i mortai.

Ebano

L’ ebano, che come dicevamo è il legno pregiato per eccellenza, cresceva in varie parti del mondo ed esisteva in tante tipologie ognuna con le sue caratteristiche estetiche e di lavorabilità.

  • africano detto del Madagascar è nero molto duro e pesante.
  • Coromandel asiatico, proveniva dalla fascia tropico-equatoriale dall’Indonesia all’India ed era nero o nero-porpora, durissimo.
  •  Macassar, dall’isola di Celebes, duro e pesante, nero con strisce rossastre o giallognole.

Nel Settecento il gusto divenne più frivolo e abbandonò i legni scuri a favore di altri legni più attraenti per il loro colore.

Mogano

In ebanisteria un posto di eccellenza spetta al mogano, che dal 1750 diventò il principale legno dell’ebanisteria inglese e poi dal Luigi XVI di quella francese. Si utilizzarono alberi che crescevano a Santo Domingo, Cuba e Giamaica, a cui si aggiunse una specie più morbida che veniva dall’ Honduras.

Thomas Chippendale cassettiera realizzata con lgno di mogano proveniente da Cuba
Cassettiera in mogano

Palissandro

Esempio di palissandro della varietà conosciuta come bois de violette.

Il palissandro fu un altro legno fondamentale per l’ebanisteria del Settecento. Il palissandro assumeva vari nomi a seconda dell’albero da cui proveniva. I più usati nella costruzione dei mobili sono il bois de violette con venature violacee

Esempio di palissandro conosciuto come bois de rose o rose wood.

e il bois de rose, così chiamato perché durante il taglio emana tale caratteristico odore. Oggi è un legno in via di estinzione e protetto. Altri palissandri sono conosciuti come Palissandro Rio e il noce d’India.

Altri legni pregiati

Esempio di Satinwood, legno caratterizzato dalla sua lucentezza dorata come si vede bene dalla foto.

Dalla seconda metà del Settecento s’importò dalle Indie occidentali il satinwood o bois satiné. Una costosa essenza giallo chiaro con venature che ricordano l’aspetto cangiante della seta (da cui il nome).Fu di gran moda per placcature ed intarsi per arredi di lusso fino a tutto l’Ottocento. Molti arredi di Robert Adam furono realizzati con questo legno.

Sempre nel Seicento giunse l’amaranto (specie delle Peltogine) usato soprattutto per torniture. Ricordiamo altre essenze rare che arrivarono nel Settecento: il legno corallo arrivato in Francia dal 1750, il legno serpente detto anche bois de lettres, il legno zebra e quello pernice. Dal Canada dopo il 1850 arrivò a Parigi la tuia.

Cassettone lastronato con radica di tuia.
Legno di tuia

Nel restauro dei mobili capita spesso di dover integrare parti mancanti in legni esotici come quelli appena visti insieme. Nel nostro laboratorio di restauro conserviamo una scorta dei legni più usati comunemente in modo da poter eseguire integrazioni mimetiche.

Scopri come restauriamo un mobile antico.

PIFFETTI A PALAZZO MADAMA

soffitto ligneo ,ingresso Palazzo Madama

Piffetti a Palazzo Madama: all’ebanista delle residenze sabaude nel Settecento è dedicata una mostra nelle sale di Palazzo Madama aperta fino al 2 luglio 2017.

Appuntamento importante per ammirare i suoi intarsi arditi e per rivedere alcune opere di un’altro grande ebanista coevo che è Luigi Prinotto e dello scultore di origine astigiana Giuseppe Maria Bonzanigo, autore di microsculture straordinarie.

Università dei Minusieri a Torino

Il ruolo dei Savoia

L’Università dei Minusieri nacque a Torino nel 1636. Quest’’istituzione regolò la professione di coloro che si occupavano della lavorazione del legno nel Regno Sabaudo per molti secoli. La casa reale dei Savoia ha avuto un ruolo fondamentale nel proteggere ed incentivare le arti del legno. La casa ducale e poi regia, emanò editti e ordinanze che regolamentavano e disciplinavano molto severamente lo svolgimento dei mestieri legati alla lavorazione del legno. Nel 1654 Carlo Emanuele II emanò il primo editto istitutivo dell’Università dei minusieri, ebanisti e mastri di carrozze. Esso prevedeva norme severe per essere ammessi all’albo. Il candidato doveva eseguire un capo d’opera di grande difficoltà che ne dimostrasse l’abilità e le capacità per potersi fregiare del titolo di “mastro”. Nel 1738 un’altra ordinanza stabiliva la durata dell’apprendistato a 5 anni, a partire dai 12 anni di età.

Esempio di capo d'opera di un minusiere

Il termine Minusiere deriva dal francese menusier che a sua volta, deriva dal latino minutarius. Nei documenti leggiamo che il minusiere è :

“quel Falegname, qual  professa l’arte di lavorar legnami in tal maniera, che con l’unione di molti pezzi piccoli assieme se ne componga un sol corpo in grande, il che fa col mezzo di mortesse, tenoni, incannelliture, lignette legate, ed assicurare fra di loro con incastri a code di rondine, caviglie di legno, ed incollature”. –Antica Università dei minusieri di Torino. Documenti per la storia delle arti del legno-Editore: Archivio di Stato, Torino 1986

Maestri della lavorazione del legno

Dai documenti apprendiamo che c’erano delle distinzioni molto specifiche fra le varie categorie degli artigiani. Per esempio nell’ arte della lavorazione del legno il mastro Minusiere si distingueva dal mastro Falegname di grosserie o Mastro da bosco. Sappiamo che il minusiere si occupava anche degli intagli più semplici. Tuttavia lo scultore o intagliatore lavorava alle opere più raffinate che richiedevano abilità maggiori . Lo scultore su legno stava in una posizione superiore rispetto al minusiere poiché rientrava nella gerarchia delle Arti. Faceva parte dell’Accademia di San Luca (quella che sarebbe diventata l’Accademia Albertina) insieme ad architetti e pittori.

Botteghe artigiane per la lavorazione del legno

Nello statuto vi erano una serie di norme molto severe per la tutela di artigiani e di clienti che ad essi si rivolgevano. I Sindaci della Società visitavano le botteghe 2 volte al mese per assicurarsi che i lavori venissero svolti tenendo alto il livello dell’esecuzione dei manufatti.

Nel 1679 venne emanata una norma che prevedeva l’utilizzo di marchi da stampigliare sul legno. Purtroppo questa norma è stata applicata solo sporadicamente e così oggi non conosciamo la provenienza e l’autore di molti manufatti.

Torino piazzetta dei Minusieri
Università dei minusieri a Torino in Piazzetta dei Minusieri

I motivi ornamentali

I motivi ornamentali, frutto del genio creativo degli scultori e delle abilità creative dei minusieri dell’ università di Torino, diedero vita ad un repertorio decorativo immenso che caratterizza la storia dell’arredo ligneo piemontese. L’intaglio in particolare, ha  contribuito ad elevare il mobile al livello di espressione artistica.

Lavoro di intaglio a conchiglia
Motivo a conchiglia intagliato

Le botteghe artigiane piemontesi

A partire dal 1400 arrivarono in Piemonte maestri artigiani da fuori (fiamminghi e tedeschi ma anche toscani e romani). Il loro apporto arricchì e influenzò l’ arte del legno locale. Questi artigiani lavoravano a fianco dei maestri locali e aprivano le loro botteghe. Con la crescita delle committenze da parte dei nobili di città e di campagna, della Chiesa e della nascente borghesia, in Piemonte le botteghe di artigiani del legno tra Seicento e Settecento erano numerosissime. Tutti i maestri erano regolarmente iscritti all’ Università dei Minusieri. Dal Seicento in avanti iniziò la trasformazione urbanistica di Torino che portò alla costruzione di molti Palazzi nobiliari, Regge e Castelli. Si aprirono molti cantieri che richiamarono schiere di minusieri, intagliatori e scultori esperti dell’arte del legno.

Apprendistato a Parigi: nascita del gusto francese

Dai documenti emerge che molti avevano studiato e fatto il loro apprendistato a Roma, città di studio dell’arte per eccellenza. Dal Settecento in avanti molti andarono a completare la loro formazione a Parigi. E’ qui che si diffonde in Piemonte un gusto e uno stile molto simile a quello francese. L’inizio del 1700 fu un periodo fiorente e felice per l’arte del legno piemontese e coincise con la vittoria sui francesi da parte di Vittorio Amedeo II di Savoia.

MISS FISHER ovvero il fascino dei mobili anni ’20

La nuova serie televisiva Miss Fisher Delitti e Misteri ambientata in Australia a Melbourne verso la fine degli anni ’20 mostra una cura particolare nell’arredamento degli ambienti in stile Art decò e Liberty.  I mobili usati in scena arricchiscono le storie denotando una cura del dettaglio notevole da parte dello scenografo Robbie Perkins.

IL MOBILE RACCONTA

Il mobile antico ha sempre goduto di scarsa attenzione nelle politiche culturali di molti paesi. Troppo spesso nei musei mobili di eccezionale valore artistico sono relegati a funzioni puramente decorative. Mobili lasciati senza targhette a fornirci alcuna informazione su di essi.

Le arti decorative o applicate di cui il mobile fa parte, sono state definite minori in contrapposizione alle arti maggiori. Questa definizione ingiusta, ha generato un clima di ignoranza e disinteresse nei confronti di questa produzione artistica. Anche nei musei dedicati alle collezioni di arti applicate mancano informazioni che favoriscano la comprensione e il godimento dei pezzi esposti.

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MAGGIOLINI INTARSIATORE DEGLI ASBURGO

Giuseppe Maggiolini da Parabiago (Milano, 1738-1814)

ebbe una folgorante carriera ed è annoverato fra i principali ebanisti italiani, al punto da dare il suo nome agli arredi che hanno perpetuato lungo tutto l’Ottocento il suo stile incomparabile.

Nel 1771,  in seguito alle nozze dell’arciduca Ferdinando d’Asburgo, figlio dell’imperatrice Maria Teresa d’Austria, con Maria Beatrice Riccarda d’Este la corte arciducale si stabilì a Milano e all’architetto Piermarini furono assegnati i lavori di adattamento e nuova costruzione del Palazzo di città (odierno Palazzo Reale) e della nuova Villa a Monza. Maggiolini fu coinvolto in questi due grandi cantieri neoclassici, disegnò ed eseguì pavimenti, arredi e decori. L’arciduca gli conferì il titolo di “Intarsiatore di Sua Altezza Reale”, che troviamo come firma in forma di cartiglio su pochissimi dei mobili giunti fino a noi.

La leggenda tramanda che il campionario di Maggiolini contasse ben 86 essenze diverse di legni: noce, palissandro, abete, mogano, bosso, acero, pioppo, ciliegio, faggio etc.

L’ultimo quarto del Settecento coincide con l’affermazione del gusto neoclassico, in opposizione al precedente stile rococò o barocchetto, particolarmente diffuso e apprezzato in Lombardia. Un’eco di questa transizione è visibile nelle prime opere di Maggiolini, ovvero dei cassettoni di forma bombata con alte gambe intagliate e decori a cineserie. Ben presto, però, la tipologia del mobile di Maggiolini si precisa: arredi sobri ed eleganti, una forma dominata da rigide geometrie, con fasce laterali e catene superiori e inferiori che definiscono i prospetti; le superfici sono ampie e lisce, con fregi vegetali o ornati geometrici a racchiudere i medaglioni al centro dei piani, contenenti raffinate allegorie classiche o personaggi mitologici. Spesso i disegni di questi medaglioni sono frutto della mano di artisti affermati (Appiani, Levati). La gamba è rastremata e a forma di tronco di piramide, la struttura è solitamente in noce, con poche connessioni a coda di rondine. Solo nella produzione degli ultimi anni la parte figurata inizia a ‘uscire’ dai limiti geometrici delle superfici, andando incontro a un gusto più spiccatamente decorativo per chiaroscuri di sapore pittorico, ottenuti con bruniture a fuoco dei legni e più raramente con la loro tintura.

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Testi da NTQ database – la prima banca dati dell’oggetto d’arte e di design

IL MONDO IN UN CASSETTO

Dal 18 marzo al 25 aprile 2016 al Museo Poldi Pezzoli di Milano
Dal 18 marzo al 25 aprile 2016 al Museo Poldi Pezzoli di Milano

 

Al Museo Poldi Pezzoli di Milano apre una mostra intitolata QUASI SEGRETI.CASSETTI TRA ARTE E DESIGN.

La mostra espone 50 cassettiere di grandi maestri della progettazione e di giovani designer.

Espongono Ettore Sottsass, Tejo Remi, Shiro Kuramata, Mendini, Botta, Ugo La Pietra, Munari, Valextra solo per citarne alcuni tra i più famosi.

Nelle sale dove c’è la collezione permanente i pezzi bizzarri dei giovani designer si affiancano ai loro antenati, gli stipi e i cassettoni delle epoche passate.

La mostra aperta fino al 25 aprile, fa parte delle attività di inventario think tank culturale del marchio Foscarini il cui obiettivo è “occuparsi di arti visive non solo design con la libertà di associazione che porta a indagare il passaggio dall’intuizione al prodotto finito”, spiega il presidente Urbinati e La mostra sui cassetti lo spiega visivamente perché dato un tema anche ovvio come quello della necessità di sistemare, custodire, nascondere, come ricorda il curatore Finessi “vale la lezione di Munari: C’è sempre un altro modo di fare le cose”.

Tratto da La Stampa del 19/03/2016

http://www.museopoldipezzoli.it/#!/it/visita/mostre-eventi/Quasi_Segreti

SEMPLIFICARE: la sedia n° 14 di Thonet

Testo tratto da “Da cosa nasce cosa” di Bruno MUNARI – Laterza editori

Semplificare è un lavoro difficile ed esige molta creatività. Ecco un famoso esempio di semplificazione:

la sedia n° 14 del signor Michael Thonet. Uno che inventa una nuova tecnica per risolvere i suoi problemi con più semplicità senza dimenticare l’estetica che può nascere da quella tecnica.

Le sedie di quei tempi erano fatte di tanti pezzi di legno messi insieme ad incastro o con colle. Ogni pezzo doveva essere lavorato, finito, incastrato, incollato per formare la sedia. C’erano i 4 montanti delle gambe, lo schienale, il sedile, i listelli di rinforzo per tenere assieme e gambe e tutto il resto.

Tanto per fare un esempio consideriamo la tipica sedia di Chiavari o la Windsor. La sedia di Chiavari è fatta con 16 pezzi, è leggera e comoda.

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La sedia Windsor è fatta con 23 pezzi ed è piuttosto pesante.

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Michael Thonet pensò che forse si sarebbe potuto inventare una sedia più semplice, fatta senza spreco, leggera ed elegante. Forse esaminando dei mobili di malacca curvata (la malacca è il nome commerciale del legno della canna d’india, utilizzato specialmente per bastoni da passeggio e manici d’ombrelli) gli venne in mente di provare a curvare dei bastoni a sezione rotonda, di faggio, inzuppati di vapore (pensando ai rami che quando sono freschi si spaccano) per poi inserirli in uno stampo e seccarli facendo evaporare l’umidità assorbita. In questo modo i bastoni avrebbero conservato le forme volute. E quali erano queste forme volute? Thonet pensò che curvando il legno si potevano riunire più funzioni: – i piedi posteriori e lo schienale potevano essere un pezzo solo, che non aveva più bisogno di incastri o di colle. – il sedile, invece di farlo quadrato, lo fece rotondo in un pezzo solo invece che in quattro pezzi da incastrare. In questo modo la sua prima sedia fu realizzata in soli 6 pezzi e tenuta assieme con solo 10 viti.

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Era l’anno 1859 quando la sedia nuova, modello 14, si realizzò. Ancora oggi questa sedia viene costruita nello stesso modo e fino a poco tempo fa ne sono state prodotte oltre 70 milioni di esemplari. La sedia così progettata e costruita risultò più economica, più pratica, leggera ed elegante per la coerenza formale del materiale, della tecnologia usata, senza nessuna forzatura decorativa oltre alle forme nate dalla tecnica.

FRATELLI THONET

A Vienna, dal 1850 i Thonet si dedicarono alla produzione seriale di sedie identificate da un numero.

 Le loro sedie si vedevano nei cafés così come nei palazzi nobiliari. Tutti i pezzi da loro prodotti venivano marchiati e in seguito venne apposto un adesivo e il loro nome finì per diventare un brand.

La “GEBRUDER THONET”- Fratelli Thonet fu fondata nel 1853 da Michael Thonet insieme ai suoi 5 figli e in quell’occasione si ingrandii e traslocò in Mollardgasse 173.

Michael THONET migliorò la tecnica di piegare il legno mediante l’uso di vapore. Il problema principale di questa tecnica derivava dal fatto che spesso il legno piegato in questo modo tendeva a rompersi. Thonet aggirò le difficoltà utilizzando delle morse di metallo appositamente create per consentire la piegatura del legno. Nel 1956 ricevette un brevetto per produrre “ sedie e tavoli di legno piegato ottenuto con il  vapore dell’acqua o di altri liquidi”.

Morsa per la messa in forma del legno
Morsa per la messa in forma del legno

 

La fabbrica in cui avveniva la produzione non si trovava a Vienna bensì in  Moravia a Koritschan, accanto alla materia prima ovvero le foreste. Nella fabbrica lavoravano circa 300 operai e venivano prodotte 50.000 pezzi all’anno che venivano poi inviati a Vienna per la fase di finitura.In seguito Thonet aprì altre fabbriche e nel 1889 la produzione annua era di circa 750.000 pezzi. Negli anni crebbe il numero di modelli proposti dalla Thonet e presenti sui loro cataloghi: nel 1885 se ne contavano circa 300.

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